Whiskey d’Irlanda, non chiamateci morbidoni

Sapete come si dice in irlandese acqua? Uisce. E in gaelico scozzese? Uisge.

E in effetti il whisky ufficialmente nasce proprio in Irlanda, dove un manoscritto attesta dell’esistenza di questo distillato, l’Uisce beatha, nel XIV secolo. Uisce vuol dire acqua, Beatha Vita: acqua-vite, anche noi italiani possiamo capirlo.

FUN FACT: In Irlanda è nato il termine whisky, ma il loro è molto spesso chiamato whiskEy con la E, come gran parte dei distillati americani. Pare che tutto sia nato a fine 800, quando i malti scozzesi erano talmente scarsi che in terra d’Irlanda decisero di cambiare denominazione in etichetta per potersi poi distinguere più facilmente sugli scaffali di bar e negozi in giro per il mondo.

Patria nobile del nostro distillato questa isola verde tanto cara a San Patrizio. Eppure in questi ultimi decenni un po’ caduta nella percezione degli appassionati a causa di una tecnica di distillazione (la tripla) che rende ogni prodotto molto morbido e facile in bocca. Il contrario, si dice, della tenace individualità degli Scotch.

Bisogna ricredersi!

Intanto perché Jameson Triple Distilled ce lo berremmo ogni giorno della nostra vita per quanto è simpatico e scende nella gola. E soprattutto perché dall’Irlanda arrivano ogni anno novità e novità e novità.

 Dalla cultura secolare di quella terra, negli ultimi dieci o quindici anni sono infatti sorte moltissime distillerie, che hanno (ri)iniziato a sperimentare in ogni fase della produzione del distillato. Dall’approccio particellare e biodinamico di Waterford, alla microdistillazione di Killowen, fino ai Whistler di Boann, sono moltissimi gli imbottigliamenti che una persona potrebbe pensare di comprare ogni anno.