Tu che amaro sei?

AMARO

L’amaro, quel bicchierino che puntuale arriva al tavolo a fine pasto come vuole la tradizione. Ogni regione dello Stivale ha i suoi amari caratteristici, tutti con una storia e un’identità da scoprire. Quella dell’amaro è un rituale che, assieme a moltissime altre, definisce parte della cultura italiana nel mondo. Molti italiani sono soliti sorseggiare un amaro a fine pasto, soprattutto se questo è stato abbondante, per favorire la digestione o semplicemente per godersi un ulteriore momento di convivialità. Il rito dell’amaro è apparso a metà del sedicesimo secolo, quando la nobildonna Caterina De Medici, insieme al suo entourage di cuochi, iniziò ed esplorare l’arte liquoristica in Francia. Questa usanza culinaria tanto amata dalla regina rimase per circa un secolo un’abitudine solo per ricchi. È a metà ‘600 che raggiunse anche le case del ceto medio, grazie alle importanti scoperte scientifiche sulla fermentazione e produzione di zucchero avvenute in Francia, Italia e Olanda. Da allora, la tradizione dell’amaro a fine pasto è rimasta presente sulle tavole italiane, diventando un’occasione per prolungare il pasto conversando e raccontando orgogliosamente aneddoti riguardo al proprio liquore preferito. Ogni amaro rispecchia la storia, le abitudini e lo stile di vita degli abitanti della città in cui è stato creato: ingredienti, produzione e design della bottiglia rispecchiano a pieno la territorialità. Ricordo quando durante una cena con la mia cerchia di amici abbiamo degustato amari di molte regioni, la tavola si è subito popolata di bicchierini di ogni forma e bottiglie dalle fogge particolari. Inutile dire che tra un sorso e un racconto di viaggi e tradizioni, le chiacchiere sono andate avanti ancora a lungo. Tu che Amaro Sei?