The Gentlemen: Una brutta serie con ottimi consigli per ordinare da bere

The Gentleman, la nuova serie Netflix firmata da Guy Ritchie, è uno spettro in versione minestrone dei suoi vecchi film e trovare un motivo valido per consigliare le sue otto puntate non è stato semplice. 

Guy Ritchie è invecchiato e sembrano invecchiate anche le sue preferenze. Se un tempo gli piaceva costruire plot twist ben fatti oggi, forse, preferisce stupire gli spettatori con una raffinata estetica del bere. 

Online tutti ne hanno parlato bene; e allora parliamone bene anche noi: forse da una serie noiosa si possono tirar fuori buoni consigli da utilizzare al bancone di un bar. Ecco cosa bevono questi gentiluomini inglesi. 

Partiamo dagli analcolici: tutti tracannano litri di tè. Nella seconda puntata uno specialista nella distruzione di cadaveri (ingaggiato per far scomparire il cadavere di un narcotrafficante appena ucciso da un lord cocainomane con indosso un costume da pollo) degusta una tazza di tè facendo con la bocca le mossette da sommelier per poi chiosare: “È lapsang souchong.”

Nel resto della scena sembrano tutti disinteressarsi, tuttavia viene nominato un tè nero cinese affumicato usato anche per pairing gastronomici e, in sostituzione dell’acqua, per l’accompagnamento di alcuni scotch. Assolutamente non scontato. 

Passiamo alla galassia whiskey, i volumi del distillato consumati dal cast durante la serie sono spropositati. In uno scambio tra Theo James (il protagonista) e il capo famiglia di una comunità gitana con cui deciderà di accordarsi per la logistica e la distribuzione di alcune statue della vergine contenenti marijuana compare una bottiglia: The Dalmore 25 Y.O. esistono pochi scotch single malt capaci di stare al suo stesso livello. 

Brindano e apprezzano, poi finiscono di ubriacarsi a “poitin della Contea Mayo”, un distillato domestico con almeno 60 gradi e capace di far perdere la vista se non distillato con attenzione. 

Siamo in U.K e bevono anche molto gin. In questa serie si sono visti pochi cocktail ma segnaliamo la presenza dell’intramontabile gin fizz (bevuto da Kaya Scodelario mentre discute dell’opportunità di riciclare quindici milioni di sterline vendendo corn dog). A stupire però è stato un lungo dialogo davanti ad una bottiglia di sloe gin. Un liquore tradizionale che viene prodotto in molte case britanniche aromatizzando del gin con prugne selvatiche e zucchero. 

Vinnie Jones, nella serie il vecchio guardiano della casa, saggio e laconico, offre al duca il suo sloe gin imponendogli di annusare prima di bere. Dice che le cose buone hanno bisogno di tempo e che per fare un buono sloe servono almeno un paio di anni. Forse avrebbero fatto comodo anche agli sceneggiatori. 

Chiudiamo spendendo un paio di parole sul cibo e sulla fotografia delle cose da mangiare: per rimanere nell’ambiente Netflix diciamo che sembrava di guardare Chef’s Table. Carni marezzate e impiattamenti da tre stelle. 

Il cibo ha ricevuto un’attenzione tutt’altro che superficiale. Il grande capo criminale decanta una focaccia (forse uno dei cibi italiani attualmente più di moda nel mondo anglofono. Compare anche nella seconda stagione di The Bear e rappresenta uno dei molti riflessi del successo internazionale dell’Italian sandwich). Bella anche la scelta di far mangiare all’antipatico gourmand belga della carne di cavallo in faccia ai protagonisti inglesi. Stavano contrattando un prezzo e mangiare il cavallo è un grave tabù aldilà della Manica. 

Se volete conservare un bel ricordo di Rock & Rolla, Slevin e Lock & Stock evitate la serie, se invece volete qualche consiglio su servizi di porcellana, impiattamenti e bottiglie da recuperare guradatela pure. 

Guy Ritchie è invecchiato e se ci interessa immaginare il gusto di un whisky da quesi duemila euro forse siamo invecchiati anche noi.